PROLOGO

Negli ultimi mesi, inevitabilmente, siamo stati concentrati sulla vertenza interna. Ciononostante non abbiamo smesso, anche grazie al costante contributo di tutti voi, di porre attenzione a quel che riguarda lavoratrici e lavoratori, consapevoli che quanto avviene da noi è effetto delle politiche economiche, sociali e istituzionali definite a livello nazionale ed internazionale.

Abbiamo pensato di mandare delle comunicazioni a puntate per sottoporre all’attenzione di tutti alcune informazioni che chiariscono le prospettive che ci aspettano. Lo facciamo semplicemente mettendo in fila alcune notizie che a nostro avviso sono “naturalmente” connesse nel progetto di impoverimento delle lavoratrici e dei lavoratori per accrescere sempre più profitti e rendite. Questo anche perché le nostre testate giornalistiche, oltre che nascondere le notizie che evidenziano questi processi, soffrono di un congenito provincialismo che le porta a soffermarsi su scandali sessuali e beghe di palazzo piuttosto che evidenziare le decisioni ed i fatti che condizionano le nostre vite.

“Nella vita ci sono le cose vere e le cose supposte: le cose vere le mettiamo da parte per il momento… ma le supposte… dove le mettiamo le supposte?” (Totò)

 

Nella precedente supposta ci eravamo lasciati con alcune considerazioni sull’attuale fase economica che genera impoverimento per lavoratrici e lavoratori, un dato incontrovertibile, un fatto misurabile da ognuno di noi nel nostro vissuto quotidiano.Tuttavia i mezzi di informazione non fanno che ripeterci che questa situazione è colpa nostra perché abbiamo “vissuto al di sopra delle nostre possibilità” e che ora ne stiamo pagando il conto. Questa affermazione è falsa. Basta analizzare il processo di costituzione del debito pubblico e le teorie economiche al riguardo, che riportiamo sinteticamente in questa supposta e che possono essere approfondite negli articoli allegati.Due economisti americani nonché professori universitari del Maryland e di Harvard (Reinhart e Rogoff) hanno prodotto nel 2010 uno scritto basato su uno studio dell’andamento economico di 20 paesi dal 1946 al 2009. Una grande mole di dati. Secondo questo studio se il debito pubblico supera il 90% del PIL si entra in recessione. Su questa base tutti ci dicono che dobbiamo abbattere il debito pubblico, ovviamente a nostre spese.

Peccato che questo studio sia sbagliato, basato su un pacchiano errore di calcolo.

Per dimostrarlo è bastato uno studente USA che per un dottorato ha dovuto analizzare lo studio di questi due “economisti”. Ebbene lo “studentino” ha scoperto che il foglio excel dei “professoroni” contiene una formula sbagliata, probabilmente a causa di un copia/incolla fatto male (ma come escludere la malafede?).

Con la formula corretta il risultato è esattamente opposto, i paesi con un debito pubblico superiore al 90% del PIL anziché entrare in recessione sono cresciuti. Naturalmente le politiche di austerity non sono cambiate, perché il lavoro degli economisti serve solo a giustificare queste politiche che invece hanno ben altre motivazioni e interessi da servire. (allegato “Un nerd che spacca”)

Secondo governanti nazionali e trasnazionali (UE) la spesa pubblica (sanità, pensioni, stato sociale, etc..) deve essere tagliata perché origine del debito.

Peccato che questa affermazione sia sbagliata.

Un economista argentino, Roberto Frenkel, ha analizzato quanto accaduto in Argentina fino al 2001 ed ha individuato un ciclo (il cosiddetto ciclo di Frenkel) che spiega l’esplosione del debito.

Questo ciclo si articola in 7 passi, consequenziali uno all’altro:

1)  in una zona valutaria (ad esempio la UE) viene liberalizzata la circolazione dei capitali;

2)  questo produce un afflusso di capitale dal ‘centro’ alla ‘periferia’ (dal nord europa al sud europa) dove i rendimenti sono più alti;

3)  questi prestiti accrescono consumi e investimenti, dunque il PIL, nei paesi della periferia;

4)  questo produce inflazione (aumento di prezzi per la maggiore circolazione di capitali) e aumento del debito privato (per i bassi costi del denaro in prestito);

5)  all’improvviso arriva un evento traumatico (nel nostro caso il fallimento di Lehman Brothers negli USA) che spinge i paesi del “centro” a interrompere l’afflusso dei capitali in “periferia”;

6)  a questo punto i paesi della periferia entrano in recessione perché aumenta il debito per compensare la diminuzione di capitali dal “centro” e calano consumi e investimenti (cioè il PIL), conseguentemente aumenta il rapporto debito/PIL;

7)  la situazione si incarta e diventa insostenibile per la “periferia”, che non ha alternative ad uscire dall’area valutaria.

E’ quello che è accaduto nel 2001 in Argentina, che dovette rompere l’unione monetaria con gli USA.

(allegato “La crisi dell’Eurozona è un problema di debito pubblico o privato”)

 

In Italia si prospettano per l’autunno nuove pesanti manovre di bilancio pubblico, che se attuate genereranno un ulteriore impoverimento delle nostre condizioni di vita. Il tutto è motivato, in continuità con quanto sopra detto, con le difficoltà di bilancio: ma quali sono le cause di queste difficoltà italiane?

Ad esempio, è stata rilanciata in questi giorni sui mezzi di informazione la notizia che l’Italia, alla fine degli anni ’90, ha stipulato contratti sui “derivati” (titoli finanziari speculativi) per circa 160 miliardi di Euro. La cosa fu motivata dalla necessità di rispettare rapidamente i parametri di Maastricht ed entrare da subito nell’euro.

Qual è il problema? Che questi “derivati” andranno a scadenza a cominciare dal 2017 e produrranno pesanti perdite sul bilancio pubblico. Solo per fare degli esempi nel 2012 Monti ha ricontrattato 31 miliardi di “derivati” che produrranno 8 miliardi di perdita e nelle manovre dello scorso anno abbiamo pagato 3 miliardi di perdite sui “derivati”.

Insomma i governanti italiani hanno deciso l’entrata nell’euro. Per attuarla, e con la motivazione di dover rispettare determinati parametri, hanno chiesto soldi alle banche (“derivati”) le quali hanno applicato i tassi conseguenti, cioè da strozzinaggio. Il risultato è che adesso abbiamo un debito verso le banche, per pagare il quale vengono richiesti sacrifici a tutti noi. Cioè vogliono far pagare il debito con le banche alla popolazione.

Chi sarà mai il genio che ha deciso tutto questo?

Il Governo dell’epoca era in mano al centrosinistra e il Direttore Generale del Ministero del Tesoro era (dal 1991 al 2001) Mario Draghi. Dopo questo misfatto Draghi è diventato responsabile per l’Europa di Goldman Sachs, che poi si è scoperto essere una delle banche coinvolte nell’operazione “derivati”. Successivamente è diventato Governatore della Banca d’Italia e oggi è Governatore della Banca Centrale Europea. Dobbiamo aggiungere altro?

(allegato “Una voragine nei conti pubblici per colpa dei derivati”

 allegato “Titoli tossici noi come la grecia”)

 

Ma come arriva un’istituzione pubblica a ricorrere a questi sistemi di finanziamento?

Le ragioni sono molteplici, vanno dalla corruzione alle analisi economico/finanziarie, passando per l’opportunismo politico del momento. Ma molto deriva dalle scelte di politica economica che vengono realizzate.

Un esempio fra i più importanti è costituito dalla vicenda della Cassa Depositi e Prestiti.

Nel 1850 (prima dell’unità d’Italia) è nata come istituzione pubblica statale che aveva la funzione di gestire la raccolta del risparmio postale dei cittadini per finanziare le opere pubbliche e gli Enti locali a bassi tassi di interesse. Un ottima soluzione per non costringere l’apparato pubblico a dipendere dallo strozzinaggio delle banche, no?

Peccato che nel 2003 il Governo (stavolta centrodestra) ne ha deciso la privatizzazione, e che succede?
Succede che nell’azionariato entrano le Fondazioni Bancarie (66 in tutto) che detengono il 30% delle azioni, il rimanente 70% rimane a maggioranza pubblica (70% del Ministero del Tesoro). Le banche allora impongono di cambiare la funzione della Cassa, perché vogliono che i loro investimenti generino profitti.

Il risultato è che la Cassa continua a gestire il risparmio postale dei cittadini (ben 225 miliardi di euro l’anno) offrendo in cambio un “interesse” del 1,5% ma i prestiti per le opere pubbliche e enti locali schizzano ad interessi che oscillano fra il 5 e il 5,5%, con lucrosi guadagni per le fondazioni bancarie.

Come dire, prima generano il problema (per noi) e poi impongono la soluzione (per loro).

(allegato “Finanza pubblica cdp”)

 

Questa supposta ci fornisce alcuni elementi per orientarsi sui meccanismi del debito e della recessione così da essere pronti a respingere i nuovi attacchi criminali che si preparano a realizzare.

Uniti, autorganizzati e consapevoli!

 

Alla prossima supposta per trovare qualche risposta….

 

Lavoratrici e Lavoratori Autorganizzati ACI Informatica

 

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