PROLOGO

Negli ultimi mesi, inevitabilmente, siamo stati concentrati sulla vertenza interna. Ciononostante non abbiamo smesso, anche grazie al costante contributo di tutti voi, di porre attenzione a quel che riguarda lavoratrici e lavoratori, consapevoli che quanto avviene da noi è effetto delle politiche economiche, sociali e istituzionali definite a livello nazionale ed internazionale.

Abbiamo pensato di mandare delle comunicazioni a puntate per sottoporre all’attenzione di tutti alcune informazioni che chiariscono le prospettive che ci aspettano. Lo facciamo semplicemente mettendo in fila alcune notizie che a nostro avviso sono “naturalmente” connesse nel progetto di impoverimento delle lavoratrici e dei lavoratori per accrescere sempre più profitti e rendite. Questo anche perché le nostre testate giornalistiche, oltre che nascondere le notizie che evidenziano questi processi, soffrono di un congenito provincialismo che le porta a soffermarsi su scandali sessuali e beghe di palazzo piuttosto che evidenziare le decisioni ed i fatti che condizionano le nostre vite.

“Nella vita ci sono le cose vere e le cose supposte: le cose vere le mettiamo da parte per il momento… ma le supposte… dove le mettiamo le supposte?” (Totò)

 

Ci eravamo lasciati con la domanda se l’Europa poteva permettersi un degrado della condizione sociale in Italia simile a  quanto avviene in Grecia.Sempre nell’ottica di fornire spunti di riflessione vogliamo soffermarci su quanto già sta accadendo in termini di impoverimento e disuguaglianze sociali.

Prima di inoltrarci sul tema vogliamo fornire la definizione del coefficiente di Gini “è una misura della diseguaglianza di una distribuzione. È spesso usato come indice di concentrazione per misurare la diseguaglianza nella distribuzione del reddito o anche della ricchezza. È un numero compreso tra 0 ed 1. Valori bassi del coefficiente indicano una distribuzione abbastanza omogenea, con il valore 0 che corrisponde alla pura equidistribuzione, ad esempio la situazione in cui tutti percepiscano esattamente lo stesso reddito; valori alti del coefficiente indicano una distribuzione più diseguale, con il valore 1 che corrisponde alla massima concentrazione, ovvero la situazione dove una persona percepisca tutto il reddito del paese mentre tutti gli altri hanno un reddito nullo”.

Leggiamo dal rapporto annuale sui consumi e dal rapporto sui risparmi delle famiglie ed i profitti delle società, entrambi realizzati e pubblicati dall’ISTAT, un fenomeno “paradossale”, da un lato i consumi delle famiglie tracollano e dall’altro aumenta la propensione al risparmio.

In realtà questo fenomeno è solo apparentemente paradossale infatti se entriamo più nel merito delle ricerche dell’ISTAT troviamo indirettamente una spiegazione a quanto avviene (in allegato sull’argomento 2 articoli “Meno reddito ma si risparmia” e “Il crollo dei consumi nel 2012”). Infatti nel periodo 2007-2012 il PIL è calato di 7 punti mentre i consumi “solo” di 5 punti ma ciò è avvenuto con un andamento del tutto disomogeneo infatti nel periodo 2007-2011 il PIL è calato di 5 punti mentre i consumi solo di 1 punto. Nel 2012 il PIL è calato di 2 punti mentre i consumi sono calati di 4 punti.

E’ proprio questo andamento che ci spiega la “imprevista” crescita dei risparmi delle famiglie. Infatti nei primi anni della crisi per mantenere inalterato il livello di consumi le persone hanno fatto ricorso ai risparmi precedentemente accumulati, inoltre gli stessi servivano a sostenere parenti e amici che si trovavano in difficoltà, infine gli ammortizzatori sociali erano ancora in grado di limitare i licenziamenti.

Con il passare degli anni ed il protrarsi ed aggravarsi della condizione di crisi del sistema si va realizzando un epocale cambio dei costumi: i consumi si riducono all’essenziale; la sempre più accentuata consapevolezza che continueranno le politiche di austerity e che il sistema economico vive una fase di regressione di cui non si vede la fine, costringe chi ancora ha un reddito a cercare di ricostituire i risparmi per far fronte ad eventuali future difficoltà; l’estensione a sempre più soggetti delle difficoltà economiche (tassi di disoccupazione da record e continui tagli ai salari) “sta riducendo la percentuale di persone che ricevono aiuti da parenti, amici, istituzioni ecc., quasi che la più diffusa situazione di disagio economico indebolisca le stesse reti di solidarietà esistenti” (frase estratta dall’allegato ‘Il crollo dei consumi nel 2012’).

Ma questa situazione, come sempre, non è omogenea per tutti i cittadini al contrario la parte più ricca della popolazione continua ad accrescere i propri patrimoni mentre alla parte della società che produce la ricchezza, le lavoratrici e i lavoratori, si tagliano redditi e patrimoni. E infatti da una ricerca commissionata dall’Unione Europea risulta che la diseguaglianza sociale è in forte crescita e particolarmente in Italia. Il nostro paese aveva fino al ’92 (quando è stata abolita la scala mobile per i salari) un indice Gini di 0,27 che nel 2011 è balzato a 0,34 (quindi oggi sarà molto probabilmente ulteriormente aumentato). Valore che ci pone al secondo posto per disuguaglianza nei paesi dell’Unione, preceduti solamente dal Regno Unito, e abbondantemente oltre la media dei paesi OCSE (in allegato sull’argomento 2 articoli “Distribuzione dei redditi, Italia seconda in Europa per disparità” e “Italia disuguale, più di tutti gli altri”).

E pensare che le parole d’ordine della rivoluzione borghese in Francia nel 1789 erano “liberté, égalité, fraternité”. Ma oggi invece ci spacciano per buone le orrende parole “competitività, produttività, redditività”. Chissà perché fanno tutte rima con povertà?

Allegato 1: Distribuzione dei redditi in Italia

Allegato 2: Italia disuguale più di tutti gli altri

Allegato 3: Il crollo dei consumi nel 2012

Allegato 4: Meno reddito ma si risparmia

 

 

 Alla prossima supposta per trovare qualche risposta….

 

Lavoratrici e Lavoratori Autorganizzati ACI Informatica

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