Nel giugno del 2011 oltre 28 milioni di cittadini italiani, la maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto, hanno votato al referendum contro la privatizzazione dei servizi pubblici.

Malgrado questo esito chiaro della consultazione i governi in carica e successivi (Berlusconi, Monti, Letta e Renzi) hanno continuato e continuano nelle privatizzazioni di ogni settore pubblico rendendo evidente una volta di più l’assenza di rispetto perfino per le regole della democrazia formale.

Ma perché avviene questo?

Sotto le mentite spoglie dell’efficienza del privato rispetto al pubblico (nulla di più falso se andiamo a confrontare i servizi forniti dalle strutture pubbliche con gli analoghi privatizzati), della lotta agli sprechi (quando perfino la Corte dei Conti segnala che la corruzione alberga prioritariamente nel sistema degli appalti ai privati) o del taglio al bilancio pubblico (per indirizzare le risorse così recuperate a vantaggio di banche e speculatori della finanza), si continua dunque a smantellare i servizi pubblici per regalare risorse agli “amici degli amici”.

La proposta Nencini sull’unificazione degli archivi PRA-Motorizzazione è un chiaro esempio di questo modo di agire, si smantellano le strutture pubbliche per regalare i soldi dei cittadini all’Unasca e alle multinazionali dell’ITC.

Ma la stessa cosa sta avvenendo con il processo di smantellamento delle società in house della Pubblica Amministrazione e delle municipalizzate; con la vendita di quote delle migliori aziende pubbliche (poste, finmeccanica, ENI, Enel ecc.) rinunciando così agli utili di queste aziende che finora si riversavano a favore del bilancio pubblico per poche briciole di riduzione del debito pubblico.

Ma cosa rappresentano i servizi pubblici per le lavoratrici ed i lavoratori?

Nient’altro che quote di salario indiretto, infatti ognuno di noi paga salate quote fiscali allo Stato aspettandosi di riceverne in cambio servizi pubblici (istruzione, sanità, assistenza, acqua, cultura ecc.) efficienti e gratuiti. Invece con lo smantellamento o la privatizzazione delle società pubbliche, il taglio alla Pubblica Amministrazione e l’esternalizzazione dei servizi, noi veniamo rapinati di questa quota di salario e costretti a ridurre le nostre possibilità di accesso a questi servizi o ad altri consumi di base.

Ecco dunque che i processi di privatizzazione si rivelano per quello che sono: furto della ricchezza prodotta dalle lavoratrici ed i lavoratori per distribuirla a favore di banche, capitali finanziari e imprenditori di vario genere.

Quindi noi, come lavoratrici e lavoratori di ACI Informatica, ci troviamo di fronte ad un triplice attacco: violazione delle regole democratiche (si ignora l’indicazione popolare del referendum); taglio dei nostri posti di lavoro attraverso la privatizzazione del settore; taglio del nostro salario attraverso lo smantellamento dei servizi pubblici.

Ci sembra quindi che ci siano tutte le ragioni per essere in piazza con forza e diffondere il nostro materiale informativo.

 

Per questo, appuntamento per tutte le lavoratrici ed i lavoratori di ACI Informatica:

SABATO 17 MAGGIO ORE 14:30 INTORNO ALLA FONTANA DI PIAZZA DELLA REPUBBLICA

PER SFILARE DIETRO IL NOSTRO STRISCIONE “LAVORATORI E DELEGATI ACI INFORMATICA”

 

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